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Cosa vuole il mercato dalla gestione patrimoniale?
E le altre news della settimana
Forse vi ho già detto quali sono stati i due errori più grandi che hanno tagliato le gambe alla nostra precedente startup.
Ho riflettuto molto sulla nostra exit e su cosa avrebbe potuto aggiungere uno o due zeri al valore di vendita:
1. Un mercato dimensionato meglio
Uno degli errori principali è stato sopravvalutare la dimensione e il potenziale reale del nostro mercato di riferimento. La nostra startup aveva un prodotto valido, con una soluzione concreta per un problema esistente. Non ci siamo resi conto abbastanza presto che il mercato in cui operavamo non era sufficientemente grande da supportare la crescita che avremmo potuto raggiungere.
A volte, l’entusiasmo per l’innovazione e il prodotto può farci perdere di vista l’importanza del contesto: quanto è ampio il bacino di utenza? Quanto è disposto a pagare il target per la soluzione che proponiamo? E quanto velocemente possiamo espandere la nostra base di clienti?
2. Una vision più forte
Il secondo errore, quello da almeno DUE ZERI, forse più sottile da comprendere ma ancora più importante nell’equazione finale è stata la mancanza di una vision forte e chiara che guidasse non solo le nostre scelte aziendali, ma anche la percezione esterna della nostra startup.
Una vision vera è ciò che dà anima e significato a un business, una luce che illumini ogni decisione strategica e ogni investimento in termini di tempo e denaro. La nostra startup, pur avendo avuto successo nell’esecuzione operativa, non aveva una vision potente che spingesse sia il nostro team sia i potenziali investitori a immaginare il nostro futuro in grande.
Una vision potente non è un sogno, ma è quella frase che deve permettere in ogni momento di ispirare chiunque entri in contatto con l’azienda: dipendenti, investitori, partner, clienti. È il tocco che può trasformare un’attività profittevole in un “game changer” del settore in cui opera.
Queste riflessioni ci hanno spinto a non ripetere gli stessi errori.
Se della vision abbiamo parlato più volte in questi mesi, oggi ci concentriamo sul mercato.
Abbiamo finanziato un’indagine di mercato con un istituto di ricerca con cui avevo già lavorato e di cui mi fido molto, per darci un’idea più chiara in merito alla possibilità che esistano dati concreti a supporto delle nostre tesi.
Non vi svelerò tutto il contenuto, anche perché ci sono almeno due testate importanti che vogliono pubblicare tutta la ricerca e lo faranno nelle prossime settimane, ma qualche numero in anticipo sono contento di condividerlo.
La ricerca che abbiamo condotto su un campione rappresentativo di 9,8 milioni di italiani tra i 25 e i 44 anni ha portato alla luce alcune tendenze interessanti che fanno riflettere su come sta evolvendo la gestione del patrimonio.
Più della metà degli intervistati, il 63%, dichiara di gestire autonomamente almeno una parte dei propri investimenti. Questo dato, di per sé, parla di una crescente fiducia nelle proprie capacità finanziarie ma rivela anche un cambiamento nel modo in cui gli utenti percepiscono il ruolo dei consulenti e delle banche.
La gestione autonoma nasce dalla voglia di controllo, ma anche dal fatto che il 22% degli intervistati non ha mai ricevuto una proposta di investimento dalla propria banca. Questo silenzio ha probabilmente contribuito a far maturare l’idea che, se il supporto professionale è carente o distante, allora conviene tentare di gestire tutto da soli.
Uno dei punti focali emersi dalla ricerca riguarda la mancanza di chiarezza sui costi: il 44% degli intervistati non conosce il costo degli investimenti che hanno portato a termine e di quelli che ne conoscono il prezzo, quasi la metà lo ritiene inadeguato. La trasparenza, quindi, più che un desiderio, sembra proprio una necessità che finora è stata in gran parte disattesa.
Il dato che forse colpisce di più è quello legato agli obiettivi di vita. Una delle nostre aspirazioni, in Klear, è che chiunque si approcci alla gestione del proprio patrimonio sappia esattamente perché investe in un determinato strumento, a quale obiettivo di vita è legato quell'investimento e in che forma lo stia supportando.
Purtroppo, molti investitori, pur gestendo autonomamente i propri risparmi, non hanno una visione chiara e coerente del perché e del come stanno investendo. Cogliamo dunque la necessità di strumenti che aiutino a gestire il patrimonio, ma anche la necessità di dare un senso alle scelte finanziarie.
È qui che entra in gioco l’intelligenza artificiale. Nonostante qualche resistenza iniziale, il 56% degli intervistati si fiderebbe di una consulenza finanziaria basata su AI, purché regolamentata dagli organi di vigilanza e con una supervisione umana.
Questo è per noi un segnale importante, perché vede l’AI percepita come un alleato che possa rendere le decisioni finanziarie più semplici e personalizzate. Tuttavia, la chiave è l’equilibrio: la tecnologia deve facilitare, ma non sostituire completamente il contatto umano.
Questo modello "AI-assisted", che integra l’intelligenza artificiale con una guida umana, potrebbe rappresentare la risposta a molti dei problemi attuali, unendo trasparenza, autonomia e sicurezza.
Un altro aspetto che emerge chiaramente è la disponibilità a iniziare con soglie relativamente basse. Il 60% degli intervistati ritiene che 5.000 euro, oltre al fondo emergenze, siano sufficienti per cominciare a investire.
Questo dimostra che esiste un target con un grande potenziale di mercato tra chi non dispone di grandi capitali. E meno capitale dispongono, meno la banca ha interesse ad assisterli con un’offerta personalizzata e paziente.
La nostra lettura dei dati ci dice quanto sia grande il bisogno di strumenti che li aiutino a comprendere come collegare gli investimenti agli obiettivi di vita, rendendo il risparmio e l’investimento parte di una strategia più ampia.
Guardando ai numeri, possiamo concludere che il mercato a cui ci stiamo rivolgendo è vasto, ma anche pronto per un cambiamento. La richiesta di autonomia e trasparenza è forte, ma è chiaro che tanti utenti facciano fatica a dare un senso alle proprie decisioni.
Le soluzioni che sapranno rispondere a queste esigenze, integrando tecnologia e consulenza personalizzata guideranno la trasformazione del settore. Il futuro della consulenza finanziaria non è solo digitale, ma consapevole, e il mercato che si sta aprendo è grande e pieno di opportunità.
Se c’è una cosa che ho imparato studiando le startup che sono diventate unicorni è che la disruption non avviene cercando di migliorare un sistema esistente, ma trovando il coraggio di ricostruirlo da zero. Le startup vincenti non sono quelle che seguono le regole del gioco, ma quelle che riscrivono le regole.
I dati ci dicono che la gestione del risparmio e la pianificazione finanziaria, con tutte le sue complessità, è pronta per essere riscritta.
La vera disruption nasce quando ci si accorge che la soluzione migliore non è un piccolo miglioramento, ma un cambiamento radicale. Non è un caso che sempre più persone si stiano allontanando dai sistemi tradizionali, cercando autonomia e trasparenza.
Non vogliamo risolvere un problema di arretratezza dell’industria, ma vogliamo dare potere ai nostri utenti, il potere di avere controllo e visione sul proprio futuro finanziario.
In questo contesto, non basta creare uno strumento migliore, bisogna creare una nuova mentalità. Questo è quello che per noi sarà disruption: creare un nuovo modo di pensare al denaro, in funzione dei propri progetti di vita.
Vi lascio, come di consueto, con alcune notizie:
Anche grazie al vostro aiuto e ai suggerimenti raccolti tra le oltre 12.000 persone che hanno letto il post su LinkedIn, abbiamo finalizzato il lavoro sul brand. Ci dedicherò una puntata intera del sabato però, non faccio spoiler.
Questa settimana il team di sviluppo ha portato a termine un’altra release di prodotto, ci avviciniamo alla beta privata che verrà rilasciata a 100 utenti.
La prossima settimana parteciperò all’evento “Investire in un mondo che cambia”, in Borsa Italiana, che avrà un focus particolare sulle nuove generazioni che si avvicinano al mondo dei mercati finanziari. Mediamente non conosco nessuno dei partecipanti a questi eventi, se mi leggi e ci sarai, prendiamoci un caffè!
Ci sentiamo il prossimo sabato!
C’è chi vede le cose come stanno e chiede: "Perché?"
C’è chi sogna le cose in maniera diversa e si chiede: “Perché no?”
In Klear, vogliamo far parte della seconda categoria.
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